"Trieste settembre 1943 – ottobre 1954:

un susseguirsi di occupazioni straniere"

da un articolo della Voce del Cifr del settembre 2005: PARTE II

 

 

1 maggio 1945 – 11 giugno 1945:  l’ occupazione militare jugoslava.                                                      

Il 29 aprile 1945  i partigiani italiani invadono Trieste, si scontrano colle ormai limitate forze germaniche che ancora presidiano la città, occupano le stazioni radio e ferroviaria ed i principali edifici pubblici: la guarnigione tedesca è costretta ad attestarsi nel castello di San Giusto.

Il 30 aprile ’45 (che è anche il giorno del suicidio di Hitler a Berlino) giungono in città anche reparti di partigiani jugoslavi che, nei mesi precedenti avevano operato nella Venezia Giulia, combattendo spesso con le forze fasciste della Xa  M.A.S.

Alla sera del 1 maggio, dopo una lunga marcia forzata ordinata dal maresciallo Tito allo scopo di anticipare le forze anglo-americane e porre, in tal modo, una seria ipoteca sul territorio,  la IV Armata dell’esercito di liberazione jugoslavo entra a Trieste, occupa la città, disarma i partigiani italiani, fa ammainare le bandiere italiane, senza peraltro riuscire, causa la mancanza di armi pesanti, ad eliminare la guarnigione tedesca.

Il 2 maggio anche gli Alleati raggiungono Trieste con la  IIa Divisione neozelandese, che si limita ad attestarsi nel porto e in alcune zone di interesse militare: è ad essa  che si arrendono i militari tedeschi.

Contemporaneamente l’ Armata jugoslava instaura in città un proprio governo, attraverso il “Comando Città di Trieste” sotto l’autorità del maggior generale  J. Cerni e del commissario politico F. Stoka. Il 3 maggio viene emesso e diffuso attraverso l’affissione sui muri cittadini l’ “Ordine di occupazione n. 1”, che proclama per  la città lo stato di guerra, stabilisce un ferreo coprifuoco (che consente la circolazione  della popolazione solo dalle 10 alle 15), ordina la notifica degli autoveicoli (in vista delle successive requisizioni), sposta  indietro di un’ora il tempo degli orologi (per uniformarlo a quello jugoslavo) e sancisce l’autorità del Tribunale militare dell’Armata per la repressione delle violazioni.

Ha inizio per la popolazione italiana un periodo di persecuzioni e di terrore: arresti,  esecuzioni sommarie  e deportazioni, accompagnate da una massiccia propaganda politica contro l’Italia.  Non per nulla sono stati calcolati in oltre 4000 gli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria di cui non si sono più avute notizie, in quanto finiti nelle foibe del Carso o deportati senza ritorno nei campi di concentramento in Juguslavia.

Lo stato di fatto creato dagli jugoslavi con l’occupazione militare non solo dell’Istria ma anche di Trieste e di tutto il  territorio giuliano ad est dell’ Isonzo, risulta ben presto in netto contrasto con gli interessi militari e politici degli anglo-americani.  Dopo alcune settimane di stallo, prive di iniziative, ma impiegate per il consolidamento e l’organizzazione delle proprie forze, i Comandi Alleati danno inizio ad una forte pressione sull’ “alleato” jugoslavo, invitandolo, anche con la minaccia potenziale di un intervento armato, ad abbandonare il territorio triestino. 

Il maresciallo Tito, resosi conto di non poter contare sull’appoggio dell’ Unione Sovietica non intenzionata ad interferire nella questione giuliana, è costretto a scendere a patti ed ad accettare l’accordo, impostogli  dal generale Alexander il 9 giugno a Belgrado, in forza del quale la Venezia Giulia veniva divisa in due parti dalla c.d. “linea Morgan”, rispettivamente e provvisoriamente  occupate in attesa dei trattati di pace dai due eserciti anglo-americano e  jugoslavo. 

L’accordo viene definitivamente ratificato l’ 11 giugno a  Duino dai  Generali Morgan e Jovanovic ed il giorno successivo l’ esercito jugoslavo si  ritira da Trieste e  dalle altre zone di competenza Alleata. Contemporaneamente viene costituito un Governo Militare Alleato per la Venezia Giulia che eserciterà la sua  autorità sulle province di Trieste e di Gorizia (43 Comuni) e sull’enclave istriano  della città di Pola.

L’occupazione militare jugoslava di Trieste è durata  42 giorni.

Dal punto di vista della Storia  Postale, il periodo dell’occupazione militare jugoslava di Trieste, presenta caratteristiche del tutto  particolari e degne di specifiche notazioni.

Il 1 maggio 1945  nel Palazzo delle Poste di Trieste si installano il  “Comandante militare per le poste” ed alcuni funzionari sloveni  delle Poste di Lubiana responsabili della sorveglianza sul servizio e della censura ed incaricati  di redigere le comunicazioni postali anche in lingua slovena.

Il 9 maggio viene ripristinato il solo servizio corrispondenze, limitato peraltro alle  corrispondenze circolanti nei territori occupati o dirette in Jugoslavia.  Vengono mantenute le tariffe italiane già in vigore per l’interno (tariffe R.S.I. :  1 lira per la lettera e 50 cent. per le cartoline, con le relative riduzioni per il distretto, 1,50 lire per la sopratassa di raccomandazione, 1 lira per l’ avviso di ricevimento).

I francobolli italiani (francobolli della R.S.I. o del tipo “Imperiale” coi fasci) presenti presso gli uffici vengono posti fuori corso: la disposizione è ovvia da parte di una autorità occupante che chiude tutti i suoi “ordini” o comunicazioni col motto “Morte al fascismo – Libertà ai popoli”. 

Stante la situazione di totale emergenza per la cittadinanza e di “stato di guerra” per gli occupanti, la corrispondenza  nel periodo fu molto scarsa.  In partenza da Trieste esistono corrispondenze non affrancate dei Comitati di occupazione: portano sul fronte i  bolli di franchigia con la “stella rossa”.  Sempre in franchigia sono note, e sono rare, lettere e cartoline di militari e partigiani jugoslavi caratterizzate dai bolli viola del reparto e della censura militare (fig. 1).  

 

 

fig. 1

 

Per quanto riguarda la corrispondenza civile, esistono quasi esclusivamente  lettere e manoscritti, anche raccomandati e con ricevuta di ritorno, spediti da enti amministrativi e ospedalieri. Per quanto riguarda il pagamento della tassa postale di francatura, oltre all’annullo dell’ufficio postale, questi  oggetti privi di francobolli si presentano con diverse caratteristiche:

-  timbri ovali “P.Pagato” o “Pagato” e più raramente “R.P.Pagato” (erano stati ampiamente usati dalla R.S.I.)  (fig. 2):  

 

fig. 2

 

-  scritta a mano “pagato”  con indicazione o meno dell’importo  (fig. 3):  

 

fig. 3

-  timbrino lineare “Russo Elvi” (iniziativa personale di una responsabile dell’ufficio postale -  fig. 4):

 

fig. 4

Eventuali oggetti affrancati con  francobolli italiani, tollerati malgrado la messa fuori corso, sono da considerarsi rarissimi:  mi è nota una sola cartolina con francobollo R.S.I. 25 cent.  con annullo “Santa Croce di Trieste 23.5.45”, peraltro in difetto di francatura di 25 c.

Ben presto però la Delegazione Militare delle Poste di Trieste, sull’esempio di quella di Pola, si rende conto che i francobolli sono da sempre sono stati usati anche ai fini della propaganda politica. Sta di fatto che con un decreto del 25 maggio  viene ordinato di soprastampare i francobolli della R.S.I. – serie “Monumenti distrutti” - giacenti in deposito, con un  doppio obiettivo: commemorare l’occupazione della città da parte dell’Armata jugoslava e  far pagare sulle corrispondenze un elevato sopraprezzo rispetto alle tariffe vigenti e a quelle probabilmente programmate in aumento. Il sovrapprezzo era destinato ad un ipotetico “Comitato di assistenza ai bisognosi”  presieduto dal Commissario politico F. Stoka.

La soprastampa sui francobolli  comprende: un tassello che cancella la denominazione dello Stato fascista, la data 1.V.1945, la dicitura bilingue Trieste – TRST, la stella socialista ed il sovrapprezzo, affiancato su taluni francobolli al nuovo valore facciale (fig.5):

 

fig. 5

I tempi tecnici necessari a predisporre e realizzare le soprastampe non furono rapidi e tali da consentirne l’ impiego e riscuoterne gli utili da parte degli occupanti jugoslavi, i quali tuttavia decisero di metterla in distribuzione   il giorno stesso in cui smobilitarono da Trieste, lasciandone il possesso agli Alleati.  Vedremo in seguito quale sarà il destino di  questi francobolli.    

  (continua)

                                                                                                 Emilio Zucchi   

La Redazione, nella ricerca di materiale di quel periodo, ha trovato una busta viaggiata, raccomandata, trasmessa dalla SEIS, da Trieste a Abbazia, con relativa censura titina (notare il timbro rosso della censura iugoslava) la stella rossa e la scritta in serbo di Rijeka (Fiume) (fig.6):

 

 

fig. 6

fine parte II

 

  N.B: la terza parte dell' articolo è uscita sulla rivista la Voce del Cifr del novembre 2005. Essa è ora disponibile. Clicca sul tasto "seguente".

 

ultimo aggiornamento 16 novembre 2005