"Le Repubbliche del 1944"

da un articolo della Voce del Cifr del settembre 2004.

1944, nell’Italia ancora occupata dai nazifascisti “si inaugurarono le Repubbliche” (Dante Livio Bianco). Intere valli e zone montuose, che prima erano solo sotto l’influenza dei partigiani, ora vengono occupate o meglio liberate e amministrate democraticamente dalle forze della Resistenza.

In tutti i casi (almeno una quindicina, dalla Liguria e dal Piemonte -attraverso l’Appennino tosco-emiliano ed il Veneto- fino alla Carnia ed al Friuli) si tratta solo di un momento, più o meno lungo, che rappresenta una vivificante esperienza di “libertà in atto”. Poi tornano in forze tedeschi e fascisti e la guerra, orrida, continua anche sull’uscio di casa, verso un inverno di amarezze e di sofferenze.

Le “Repubbliche” partigiane, episodi tra i più memorabili della Resistenza del 1944, sono entrate con dignità tra i classici della letteratura italiana con le pagine di Beppe Fenoglio (“I ventitré giorni della città di Alba”, 1952, secondo Contini “trascrizione prettamente esistenziale, non agiografica… tanto più meritoria per chi era stato fra gli attori dell’evento”) e di Franco Fortini (“Sere in Valdossola”, 1963: “potei intravedere un volto della gente dei nostri paesi fino allora sconosciuto. E ancora oggi non sarebbe così ostinata la speranza, se non ci tornasse, di tanto in tanto, la memoria di quel volto”).

Tra queste “Repubbliche”, tutte sorte per audacia e genialità tattiche dei combattenti per la Libertà, spicca l’Ossola, che pure non è tra le prime in ordine di tempo e nemmeno la più ampia o la più duratura. Resta tra le più conosciute e celebrate, anche per aver goduto di alcune situazioni favorevoli: contare sulla Svizzera alle spalle; fruire con la stessa di sicure vie di comunicazioni stradali e ferroviarie per rifornimenti e contatti; quindi avvalersi dell’opera di esuli antifascisti, personalità di primo piano quali Umberto Terracini, Ezio Vigorelli, Piero Malvestiti, Cipriano Facchinetti, Gisella Floreanini (svolgeranno funzioni di alta responsabilità anche nella “grande“ Repubblica) nonché di uomini di cultura dai nomi prestigiosi: Carlo Calcaterra (Manforte), Mario Bonfantini (Bandini) Gianfranco Contini (Trabucco).

Sgomberate le valli dai presidi tedeschi e fascisti ed ottenuto l’abbandono di Domodossola, subito viene formato un Governo civile di amministrazione per tutta la zona liberata (dalla cascata del Toce alle rive del lago Maggiore, una cinquantina di comuni e circa settantamila abitanti), che riceve il riconoscimento dal Governo di Roma tramite il Clnai (“la naturale fonte della propria legittimazione”, scriverà Ribaldi, presidente della Giunta) e che mai nella sua azione patisce interferenze da parte dei militari.

Presso le autorità elvetiche, la Legazione d’Italia a Berna sostiene che il Governo italiano, formalmente riconosciuto dalla Svizzera, ha conservato sempre la sovranità di diritto sul territorio temporaneamente occupato dal nemico. “In val d’Ossola è stata quindi semplicemente ricostituita l’amministrazione civile e militare italiana, assicurata dalla Giunta”. La situazione ha un’altra caratteristica, subito evidenziata dalla stampa svizzera: la Giunta provvisoria non subisce alcun controllo alleato. Insomma, Domodossola come Campione.

La Giunta si insedia l’11 settembre e svolge la sua complessa attività con l’obiettivo di dare alla vita della zona un assetto nuovo e ordinato nonché una base di diritto. Il “Bollettino di informazioni” scrive di “libertà consapevole” ed insiste: ”chiusa in un cerchio di guerra, l’Ossola vive la sua pace operosa”.

I commissari si muovono in grande; sentono che gli occhi del mondo libero sono puntati su di loro e vogliono dar prova che, “nonostante l’infausto Ventennio, il popolo italiano (sa) reggersi e governarsi da solo”. Si occupano e preoccupano dell’efficienza dei servizi pubblici, per quel che le circostanze consentono.

Subito il servizio postale riprende a funzionare, all’interno della zona libera e dal 25 settembre anche con la Svizzera; la censura è ripristinata solo per la corrispondenza con l’estero.  

Già in data 16 settembre la sede postelegrafonica principale di Domodossola, con una circolare indirizzata a tutti gli uffici del territorio, dispone che “hanno corso esclusivamente le corrispondenze per la Zona Ossola (fino a Mergozzo) e per le vallate dipendenti”. Il servizio si effettua utilizzando francobolli di Repubblica sociale o Regno giacenti agli sportelli, secondo le tariffe in vigore al momento della Liberazione; non viene recepito l’aumento deciso dalla Rsi con l’1 ottobre.

Scrive Walter Astolfi (1980): “La corrispondenza della «Repubblica dell’Ossola» non presenta particolari elementi di individuazione se non la località di provenienza e la data che si legge sull’annullo (periodo dal 10 settembre al 23 ottobre 1944) e la fascetta di censura che reca la dicitura «Ossola - zona liberata». Questa corrispondenza è rarissima ed in quanto rappresenta qualcosa che va al di là dei semplici aspetti filatelico-collezionistici essa costituisce uno dei cimeli più importanti di tutta la storia postale italiana di quel periodo”.

La corrispondenza dell’Ossola libera ad oggi conosciuta consiste in ventidue pezzi (lettere, cartoline, avvisi), quindici indirizzati in Svizzera (quattro non hanno subito censura), gli altri circolati all’interno della zona.

Tra i progetti della Giunta c’è pure la soprastampa di francobolli italiani: ecco il disegno strategico, che non si potrà realizzare per l’incalzare degli avvenimenti nell’ottobre del ’44.

È opportuno però rilevare che anche in questo caso la Giunta ossolana insegue la legalità e cerca le prescritte autorizzazioni; non approfitta della situazione di fatto, che non le impedirebbe di mettere in corso dei suoi francobolli. A nostro avviso, quindi, sono assolutamente fuori luogo i ripetuti avvertimenti dei censori moderni che le autorizzazioni non sarebbero mai potute arrivare.

È forse il caso di ricordare le disinvolte soprastampe del periodo? Per esempio, la “Gnr” fatta a Brescia su francobolli italiani nel dicembre del ’43 ? “Colpo di mano gestito da militari che colse di sorpresa lo stesso ministero delle Poste e Comunicazioni della neonata Repubblica sociale italiana”, per usare le parole del professor Carlo Maria Cis. Il ministero non poté sconfessare né screditare l’iniziativa, ma solo accodarsi con ulteriori soprastampe. E l’altra ordinata dalla segreteria politica del Fascio di Alessandria (11 novembre 1944)? L’elenco potrebbe continuare, ma i casi citati bastano a rimarcare la correttezza e la prudenza della Giunta provvisoria di governo.

Che pure dispone di eseguire delle prove, una a Lugano ed altre a Domodossola: lo affermiamo con assoluta certezza sulla base delle testimonianze e dei documenti acquisiti.

Presso la tipografia di Lugano la prova viene effettuata su pochi esemplari per le cure, tra gli altri, di Odoardo Plinio Masini, il quale confermò personalmente il fatto a chi scrive, in una delle sue ultime visite a Domodossola nell’aprile del 1970: si tratta della soprastampa su tre righe “C.L.N./Ossola libera/10.9.44”. Quelle di Domodossola recano le legende “C.L.N./zona/liberata” o “C.L.N./Governo/provvisorio/dell’Ossola”, rispettivamente su tre e su quattro righe.

Le prove domesi sono all’origine della speculazione, che si concreta in una volgare truffa dopo la rioccupazione nazifascista dell’Ossola. Con la connivenza di autorità fasciste novaresi, si soprastampano alcune serie di francobolli che si vendono come emesse dalla Giunta provvisoria di governo a prezzi salati: dodicimila lire ogni serie. La cifra corrisponde al totale degli emolumenti annui, all’epoca, per una dattilografa.

Quando scoppia, lo scandalo è subito messo a tacere per non compromettere le personalità fasciste coinvolte; il tipografo, già arrestato, viene immediatamente rilasciato. Tutto questo non è un pettegolezzo e neppure fantastoria; risulta dai documenti di archivio. Infatti il Cln domese, dopo la Liberazione, nell’ambito delle indagini sui profittatori del regime lo denuncia, così come lo abbiamo esposto, all’Intendenza di finanza di Novara, con lettera del 20 settembre 1945, protocollata al n°24.

Ora possiamo concludere. A sessant’anni di distanza la lezione di rigore morale e di senso di responsabilità fornita dalla Giunta della “Repubblica” partigiana dell’Ossola non ha perso lo smalto iniziale ed il suo esempio può essere riproposto oggi, valido così, senza alcuno aggiustamento.

Per questo, chi ha vissuto quell’”avventura” sa che ne è valsa la pena, per dirla con Gianfranco Contini.  

 

 

Bibliografia

Per le vicende della Resistenza in Ossola si vedano:

- Anita Azzari, “L’Ossola nella Resistenza italiana”, Santa Maria Maggiore 2002;

- Hubertus Bergwitz, “Una libera Repubblica nell’Ossola partigiana”, Novara 1979;

- Angelo Del Boca (a cura di), “La «Repubblica» partigiana dell’Ossola”, Centro studi Piero Ginocchi, Crodo 2004.

Per la documentazione si consultino:

- Mario Giarda e Giulio Maggia (a cura di), “Il Governo dell’Ossola”, Novara-Domodossola 1974;

- Giulio Maggia (a cura di), “I giornali dell’Ossola libera”, Novara-Domodossola 1974.

Per posta e francobolli numerosi interventi sono stati pubblicati anche su “La voce del Cifr”; il più recente nel n°30 del marzo 2001, pp.30-33.

 

Edgardo Ferrari

 

     ultimo aggiornamento 25 agosto 2004